La fattibilità di una traduzione poetica ha
scatenato un annoso dibattito che ancora spinge critici e poeti a stendere
fiumi d’inchiostro e che rimane tuttora insoluto. È possibile tradurre una
poesia senza alterarne la bellezza del linguaggio poetico? Chi sarebbe in
possesso delle capacità linguistiche per tradurla? La trasposizione in un’altra
lingua causerebbe il venir meno della verve poetica? Se fosse necessario
evitare di tradurla in altre lingue, come sarebbe possibile renderne noto il
fascino del significato anche ai parlanti di un’altra lingua? Nel presente
breve articolo non cercheremo di rispondere a tali domande, su ciascuna delle
quali si potrebbe discutere profusamente, ma semplicemente di riportare alcune
opinioni di critici a tal proposito.
Fino al XVII secolo la traduzione poetica ha
seguito il giudizio guida secondo il quale la parola esplicita rappresenti il
fattore principale del linguaggio; il risultato è stato ravvisato in traduzioni
che riproducessero in modo impeccabile il senso della poesia in lingua
originale. Tali traduzioni intendevano riportare la lingua esclusivamente per comunicarne il significato semantico,
tuttavia esse recavano una atmosfera del tutto aliena dall’atmosfera dell’originale.
Solo nel XVIII secolo si riconobbe che esiste uno spirito dietro la parola e
che esso detiene particolare vigore soprattutto nella poesia. Ne conseguì una
diversa modalità di intendere e realizzare le traduzioni poetiche.
Alcuni ritengono opportuno tradurre in altre lingue le poesie ricorrendo alla prosa poetica. Una simile traduzione presenta
molteplici vantaggi: permette al traduttore di produrre una variegata ricchezza
ritmica senza sottoporsi all’impresa di creare dei versi tipici del linguaggio
poetico. Tuttavia, secondo altri critici, anche la più riuscita di queste
traduzioni si rivela essere poco più di una avvenente ostentazione. La poesia
può essere tradotto solo mediante il linguaggio poetico e la versificazione unicamente con l’ausilio
di analoghi versi.
È stata ampliamente apprezzata la proposta di
affidare la traduzione poetica a un
poeta della cultura ricevente la traduzione della poesia. Il risultato spesso è
una poesia, a volte splendida e, a detta di alcuni, a volte migliore dell’originale.
Si parla di una traduzione in cui la conversione da una lingua all’altra viene
compiuta da un “traduttore non traditore”.
Anche tale soluzione lascia insoddisfatti alcuni critici, secondo i
quali è impossibile che la volontà, la cultura, lo spirito e la tradizione del
poeta traduttore non contaminino il linguaggio ed il significato del poeta
scrittore.
Il dibattito critico è ancora aperto ed alcuni
letterati sostengono che addirittura non sia possibile in alcun modo tradurre
poesia senza perdere o diminuire la bellezza dell’uso della metrica, delle
figure e del significato espressi in lingua originale.
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