La grammatica italiana è una delle più
complesse, ben più articolata rispetto a quella della lingua, preferita nelle
conversazioni internazionali.
Sicuramente non è facile per uno straniero apprendere la lingua del nostro
Paese, ma siamo certi che noi italiani siamo in grado di utilizzarla senza
commettere errori? Probabilmente la risposta è negativa. Non soltanto i meno
colti e scarsamente appassionati della lingua italiana inceppano in frequenti
errori nella conversazione quotidiana, ma anche i laureati delle Università più
prestigiose commettono errori di sintassi, ortografia, coniugazioni e simili. Non
vogliamo stilare un elenco degli errori tipici della comunicazione italiana, ma
riportarne solo un paio di esempio.
Uno degli errori più diffusi è quello dell’uso
del pronome maschile “gli” anziché il femminile “le”. La lingua italiana
prevede l’uso di tali pronomi come complemento di termine, ovvero “gli”
significa “a lui”, mentre “le” significa “a lei”. “Gli” e “le” vengono
utilizzati nella lingua italiana anche come clitici, ovvero come particelle da
congiungere al verbo; ad esempio “Digli”, “Parlagli”, “Porgile” e via dicendo.
Non è raro udire all’interno di una conversazione, più o meno formale,
utilizzare “gli” sia per fare riferimento a complementi di termine sia maschili
sia femminili. Provate ad immaginare come uno straniero che abbia ben appreso
la suddetta regola della lingua italiana possa rimanere spiazzato udendo dei
nostri connazionali affermare frasi come “Vedrai Laura domani? Porgigli i miei
saluti per favore” oppure “Quella venditrice menzognera non dava cenni di voler
smettere di parlare ; del resto ho sbagliato io a dargli attenzione”. L’errore
di commistione tra pronomi è talmente diffusa che alcuni siti di grammatica e
dizionari online cominciano a considerare corretto anche l’utilizzo di “gli” in
luogo di “le”.
Un altro dubbio frequente fra gli italiani e
che spessa dà luogo ad errori di scrittura è l’utilizzo dell’apostrofo. La
lingua italiana prevede l’utilizzo dell’apostrofo solo in caso di elisione,
ovvero quando viene tolta una vocale finale di una parola in virtù della
vicinanza con una parola che inizia con la medesima. Va posto, ad esempio, solo
dopo gli articoli indeterminativo maschile “una” che diviene “un’” e non dopo
il maschile “un” che invece rimane tale. Sarà necessario scrivere ”qual è” e
non “qual è”, poiché di tratta di un troncamento e non un’elisione.
Diversamente, è corretto scrivere “cos’è” originato dall’elisione della “a” finale
di “cosa è”. Questo errore è, per ovvi motivi, palese solo nelle forme scritte
e come tale non è udibile durante le conversazioni orali; ciò non toglie che
sia comunque necessario porvi rimedio per evitare brutte figure durante scambi
di mail, prove scritte e, ancor di più, conoscenza personale della lingua.
Riportando tali esempi non vogliamo affermare
che noi italiani siamo ignoranti o compiangerci dichiarando la nostra ignoranza
o inferiorità linguistica rispetto ai parlanti di altre lingue, ma solo ironizzare
su ciò, spingendo i lettori e noi stessi a curare l’uso della corretta
grammatica al fine si rendere più elegante anche la comunicazione più
informale.
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