giovedì 30 aprile 2015

Il Paese della buona tavola si ispira alla cucina del mondo

Il nome “Italia” potrebbe essere tradotto con la definizione di “luogo della cucina prelibata”. Il nostro è il Paese della buona tavola, della dieta mediterranea e delle prelibatezze culinarie. Chi di noi non ha avuto modo di scorgere nelle libreria di nonne e mamme decine di libri di cucina e ricettari scritti a mano? 

paese buona tavola




In ogni casa vi è almeno un libro di cucina, un appunto sulla modalità di preparazione dei piatti più buoni per i nostri ospiti o noi stessi, un inserto di alte culinaria regalatoci in allegato ad un quotidiano o altre cose simili. La cucina e la buona tavola in Italia sono sempre state di moda e continueranno ad esserlo; ciò non toglie che anche questa, come tutte le altre mode, si rinnovi e cambi nel tempo. 

Fino a dieci anni fa era di moda recuperare le ricette della nonna, riproponendo e reinterpretando i piatti della cucina povera del primo ‘900. Da alcuni anni a questa parte, invece, impazza la moda della cucina etnica o, più in generale straniera. La passione per la cucina straniera ha origine negli anni 90 nel secolo scorso, quando l’Italia importò dall’America l’interesse per la cucina asiatica, in particolare giapponese, cinese e indiana. In seguito tale passione ha preso sempre più piede, traducendosi in un vero e proprio fanatismo nei confronti di ogni tipo di cucina straniera. 

Un ambizioso progetto sarebbe quello di iniziare a tradurre quante più ricette possibili provenienti da vari luoghi nel mondo; corrisponderebbe alle richieste del mercato attuale e riscuoterebbe certamente un grande successo. Grazie all’utilizzo di blog e forum, non sarebbe difficile raccogliere numerose ricette per poi tradurre nomi e iter di preparazione in italiano. Sarebbe possibile raccogliere le ricette provenienti non solo dalle grandi città, ma anche dalle piccolissime località; sappiamo infatti che ogni singolo paesino o contea reinterpreta una portata tipica e la traduce a seconda delle esigenze e dei gusti del luogo. Non sarebbe certamente facile tradurre i nomi di alcuni piatti tipici, ma sarebbe sufficiente aver tradotto gli ingredienti, gli strumenti, le modalità di procedere gli eventuali tempi di cottura o di posa della pietanza. In Italia spopolano già i ristoranti che traducono questa moda in realtà facilmente fruibile anche da chi non ama stare ai fornelli: locali spagnoli che propongono sangria accompagnata da tapas, bar messicani che servono gustosi aperitivi accompagnati da piccanti assaggi di cucina messicana, ristoranti indonesiani che servono candido riso accompagnato da salse tipiche, e chi più ne ha più ne metta. 

Non sarebbe forse bello poter riproporre tutto ciò a casa propria? Non faremmo bella figura con i nostri ospiti? Non delizieremmo le nostre stesse papille traducendo un momentaneo desiderio di evasione in un sapore tipico di una terra lontana? L’idea sarebbe certamente spendibile e molto apprezzata dagli amanti della cucina, spetta solo ad un bravo interprete dedito alla cucina il compito di tradurre questo progetto in realtà.

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